3829 recensioni a vostra disposizione!
   
 
 

LISTEN UP:THE LIVES OF QUINCY JONES Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 ottobre 1991
 
di Ellen Weissbrod (Stati Uniti, 1991)
Che arrampicata, quella di Quincy Jones... Musicale, tanto per incominciare, anche se magari a ritroso: dal be-bop al rap. Da giovane trombettista di medio talento: ma che si ritrova a suonare con Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Billie Hollyday, Thelonius Monk e gli altri che hanno rifatto la musica in quegli anni Cinquanta. Poi a tentare una delle avventure più affascinanti ma anche più perigliose che il jazz conosca, quello della big band, la grossa formazione alla Ellington, alla Count Basie: con le spese di un supermarcato e le entrate di un chiosco, ma arrangiamenti brillantissimi e solisti come Phil Woods, Clarck Terry, Zoot Sims, Benny Golson, J.J. Johnson, Milt Jackson, Jim Hall, Freddy Hubbard, Art Farmer,, Lee Morgan, Sarah Vaughan. Infine, il viaggio a Hollywood, l'incontro con il gran bussiness, e quindi con Frank Sinatra, Al Jarreau, Barbra Streisand, Ray Charles, Ice T, Michael Jackson...

Arrampicata intellettuale: dagli studi con Nadia Boulanger a Parigi ed alla Berklee School di Boston, alla vicepresidenza di una delle maggiori case di produzioni discografiche, al mondo del cinema dove Sidney Lumet lo fa esordire in THE PAWNBROKER e diventare uno dei più celebri compositori di Hollywood.

Dal jazz al pop: come dire da quella dei neri a quella dei bianchi. È il terzo itinerario - quello sociale - di Quincy Jones: da ragazzino del ghetto di Chicago "dove solo la musica mi ha evitato di finire in prigione", al raffinato, elegantissimo, potentissimo manager che colleziona i Grammy Awards del THRILLER di Michael Jackson. Quincy Jones è il primo individuo dalla pelle rigorosamente scura ad essere riuscito a raggiungere quel genere di stato sociale: la sua storia arrischia di riservarsi un capitolo in quella sulla lotta contro il razzismo.

Ma LISTEN UP, nella sua parte migliore che è quella finale, potrebbe anche testimoniare dell'ultimo degli itinerari, quello umano: intelligente, brillante, con un fisico leggendario da cover-boy, tre mogli, nove figli limitandosi a quelli annunciati all'anagrafe, due aneurismi celebrali che hanno arrischiato di interrompere anzitempo una febbrile escalation creativa e sociale, Quincy Jones non è vissuto soltanto di momenti d'euforia esistenziale. Ed il film, interrompendo per un istante il suo tono celebrativo ed esaltato, sembra finalmente volersi raccogliere a notarlo.

Fin dall'inizio la regista Weissbrod ha infatti scelto la strada della frantumazione, forse per annullare quella temporalità un po' uggiosa delle biografie tradizionali. Ha cosi cacciato in un mixer altamente tecnologico quanto tremendamente faticoso (computer o cervello umano iperdotato che sia) tutto quanto aveva a disposizione: documentari d'epoca, apparizioni "live" di molte delle stelle di cui sopra, da Ella Fitzgerald a Richard Brooks o Steven Spielberg, filmetti superotto girati in famiglia, il tutto frammisto alla rivisitazione dei luoghi d'infanzia. Ha soprattutto deciso una cosa: che tutto - dalle immagini alla musica - dovesse durare pochissimo, talvolta qualche secondo, succedersi quasi all'infinito, in un mosaico che avrebbe dovuto ricomporsi nella memoria dello spettatore.


   Il film in Internet (Google)

Per informazioni o commenti: info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch

 
 
Elenco in ordine


Ricerca






capolavoro


da vedere assolutamente


da vedere


da vedere eventualmente


da evitare

© Copyright Fabio Fumagalli 2024 
P NON DEFINITO  Modifica la scheda